F.A.Q.

F.A.Q. (Frequently Asked Questions)

Si segnalano a volte diagnosi poco chiare, vaghe, ambigue… Esempio: difficoltà anziché disturbi di apprendimento, manca il riferimento alla specificità del disturbo, livello intellettivo limite equiparato ai DSA, codice F81.9 e altri. Come comportarsi?

Per poter accedere alle tutele previste dalla L. 170 deve essere dichiarata in modo esplicito la presenza di almeno uno dei 4 DSA indicati nella Legge (art.1): dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia. Può inoltre essere indicato, in generale, un Disturbo Specifico di Apprendimento (con questa esatta formulazione), o uno dei codici ICD10 corrispondente, che sono: F81.0 (dislessia), F81.1 (disgrafia e/o disortografia), F81.2 (discalculia), F81.3 (Disturbi misti delle capacità scolastiche: indica la presenza di due, o tre, dei precedenti ).
Da notare che il codice F81.9 è riferito ad un disturbo non specifico, e quindi non è DSA.

E’ necessario che la diagnosi venga consegnata con un atto formale? Cosa succede se la diagnosi c’è ma la famiglia non la consegna a scuola? O la fa solo vedere…

La consegna formale è necessaria perché solo in questo caso la scuola è autorizzata ad applicare per l’alunno delle procedure diverse da quelle dei compagni. “La famiglia è chiamata a formalizzare con la scuola un patto educativo/formativo che preveda l’autorizzazione a tutti i docenti del Consiglio di classe – nel rispetto della privacy e della riservatezza del caso – ad applicare ogni strumento compensativo e le strategie dispensative ritenute idonee” (Linee Guida – 6.5).

Che differenza c’è tra Certificazione, Diagnosi, Relazione?

I tre termini vengo usati con significati diversi, secondo i luoghi, le prassi e i contesti. In molti casi si parla di Certificazione in riferimento alla L.104 (con il sostegno), di Diagnosi per il DSA, mentre la Relazione contiene la descrizione delle difficoltà e delle potenzialità di un alunno ma senza diagnosi di DSA. È una distinzione che non è per nulla codificata ed è necessario, in ogni caso, esaminare attentamente il contenuto. Da notare che per attivare le tutele previste dalla L. 170 serve una dichiarazione di un’autorità sanitaria che ha il valore di una certificazione (nel senso che “certifica” la sussistenza di un DSA) indipendentemente da come venga chiamata.

Come vanno conservati i documenti sui DSA?

Contengono informazioni sulla salute e quindi sono da considerare dati sensibili e come tali vanno
conservati.

A fine ciclo o in caso di trasferimento, si possono inviare i documenti specifici sul DSA (diagnosiPDP o altro) alla nuova scuola?

La famiglia ha consegnato i documenti ad una specifica scuola, e solo a quella. Prima di trasmetterli ad altre scuole è necessario chiedere l’autorizzazione ai genitori. Il procedimento è simile a quello in atto in caso di disabilità.

La famiglia può chiedere di tenere nascosto il disturbo e applicare solo forme di tutela che non siano visibili o riconoscibili come tali dai compagni?

Sì, rientra nel patto educativo famiglia-scuola previsto dalle Linee Guida (6.5). Se la scuola ritiene che un vincolo del genere possa ridurre l’efficacia del piano didattico lo segnalerà alla famiglia, ma se essa insiste dovrà comunque attenersi.

Che differenza c’è tra didattica individualizzata e personalizzata? È indispensabile specificare le due tipologie di intervento?

  • Come è noto l’argomento è affrontato nelle Linee Guida (3). In estrema sintesi:
    l’azione formativa individualizzata pone obiettivi comuni per tutti i componenti del gruppo-classe, ma  è concepita adattando le metodologie in funzione delle caratteristiche individuali dei discenti;
  • l’azione formativa personalizzata può porsi obiettivi diversi per ciascun discente.
    Non è indispensabile separare le due tipologie di intervento (non viene fatto neppure nel modello di PDP fornito dal MIUR).

Cosa succede se i genitori si rifiutano di firmare il PDP?

Ci si augura che sia stato intanto ben chiarito il significato della firma richiesta, secondo le osservazioni del punto precedente. Si può eventualmente provare a ridurre la valenza della firma.
In caso di disaccordo persistente, la scuola procede comunque alla stesura del Piano specificando come si è raccordata con la famiglia e come ha considerato le osservazione da essa formulate.
Tutte le decisioni prese dalla scuola in merito allo studente sono necessariamente condivise con la famiglia, con la quale si vuole instaurare un dialogo costruttivo e formativo, nel solo interesse dell’alunno. Questo concetto non può intendersi teoricamente, alcune scelte, per il loro contenuto pedagogico e didattico, sono naturalmente iniziativa della scuola. Il Piano Didattico Personalizzato rientra tra queste iniziative. Ma se la famiglia non lo accetta o lo rifiuta, esso diventa un documento “vuoto” e privo di valore.
D’altra parte, la famiglia che “rifiuta” un PDP dovrebbe essere in grado di spiegare con chiarezza i motivi di tale rifiuto. Se ciò non avviene, vuol dire che si è interrotto il dialogo costruttivo scuola-famiglia.
Laddove il PDP non venisse né firmato né accettato dalla famiglia, la scuola esercita comunque il diritto-dovere di personalizzare l’azione didattica, poiché lo prevede ESPLICITAMENTE la Legge 53/2003 (Riforma Moratti), quando parla di Piani di Studio Personalizzati.
Qualora la famiglia, nonostante il confronto con i docenti, non condividesse le scelte effettuate dal C.d.C, dovrà produrre una dichiarazione scritta. Se ne propone di seguito un modello. Naturalmente dovrà essere tutto verbalizzato, in modo da dimostrare, in caso di contenzioso, che l’inadempienza non appartiene alla scuola.
Dichiarazione di contrarietà della famiglia

Esiste un modo per costringere i docenti a rispettare le indicazioni contenute nel PDP?

Il problema più grande del DSA è “…farlo comprendere a chi non ce l’ha”, come conclude significativamente il professor Lavoy nel noto video “Come può essere così difficile”, realizzato sul tema del Disturbo Specifico di Apprendimento.
Nel ruolo del docente, rientra anche quello di far comprendere ai suoi alunni che la sua professionalità e la sua preparazione gli consentono e, anzi, direi, gli impongono di personalizzare metodi e strumenti didattici a seconda delle caratteristiche dei suoi studenti e delle sue studentesse.
Quanto alle verifiche, poi, non bastasse la normativa su BES e DSA, esiste il DPR 122/2009, che all’articolo 10 stabilisce: “Per gli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento (DSA) adeguatamente certificate, la valutazione e la verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono tenere conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove di esame, sono adottati, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei. 2. Nel diploma finale rilasciato al termine degli esami non viene fatta menzione delle modalità di svolgimento e della differenziazione delle prove”.

Le F.A.Q., a cura di Flavio Fogarolo, UST Vicenza, sono tratte dal sito di OrizzonteScuola

Esami di Stato BES e DSA. Alcuni interrogativi